Le Professioni Artistiche nella Musica Pop, il racconto di Peppe Vessichio prima della Conferenza al Conservatorio Vivaldi

Le Professioni Artistiche nella Musica Pop, il racconto di Peppe Vessichio prima della Conferenza al Conservatorio Vivaldi

Dalle ultime tecnologie del suono al sound design, le nuove professioni della produzione artistica musicale e l’importanza di rimanere elastici mentalmente per non diventare “obsoleti” raccontati da Peppe Vessicchio, in una intervista che precede la Conferenza che il maestro terrà al Conservatorio Vivaldi di Alessandria il 15 settembre.

Venerdì 15 settembre 2023 alle ore 17, il Conservatorio Vivaldi di Alessandria ospiterà, presso l’Auditorium Pittaluga di via Parma, 1, il Maestro Peppe Vessicchio, che terrà una conferenza dal titolo Professioni Artistiche nella Musica Pop. (La conferenza, i cui posti sono andati subito tutti esauriti, sarà preceduta da un intervento dell’attore e produttore musicale Andrea Rizzoli). Nell’attesa di ascoltare le risposte che il più celebre direttore d’Orchestra del Festival di Sanremo darà alle domande degli studenti dello storico conservatorio, pubblichiamo di seguito un’intervista in cui il Maestro anticipa alcune considerazioni utili a comprendere opportunità, competenze e vie d’accesso per uno dei mondi professionali più ambiti oggi dai giovani.

Maestro Vessicchio, quali sono le principali figure professionali tecniche richieste dal mercato nell’ambito della musica pop?

La musica Pop, un tempo definita “leggera”, in questo momento storico è imperniata su figure professionali poco accademiche. Gli strumenti più utilizzati sono quelli usualmente denominati “della ritmica”. Come quasi tutta la musica che cerca relazione con schemi cadenzali riferiti alla danza, anche la “popular music” abbraccia questa relazione per cui la batteria, il contrabbasso elettrico (detto basso), la chitarra e le tastiere elettroniche (suonate in tempo reale o programmate in sequenza tramite specifico software) rappresentano il cuore delle figure musicali “ancora” attive nella discografia e nelle esecuzioni live. L’avverbio “ancora” è riferito al fatto che dagli anni ottanta a oggi, grazie a una cavalcante tecnologia, le realizzazioni discografiche di mercato si sono notevolmente arricchite di sonorità sintetiche sottraendo uno spazio davvero considerevole all’impiego di professionalità provenienti dalla formazione classico-accademica. Morricone, Bacalov, Reverberi, Ferrio e altri illustri colleghi di provenienza classica detenevano, in termini di produzione e arrangiamenti, molti primati nelle vendite dei dischi. L’utilizzo di formazioni d’archi piuttosto che di strumentisti a fiato si è via via sempre più ridotto. Si sono fatti avanti, quindi, nel panorama lavorativo, gli operatori della “programmazione”, del “sound design” e della “produzione artistica” cui è affidata la capacità di una visione globale del prodotto che va dalla composizione al missaggio finale. Quest’ultimo ruolo è come il “creatore di moda” che non è detto debba saper fare il sarto. Ho conosciuto produttori che non conoscevano una nota ma sapevano bene quello che volevano. Viaggiano con felice istinto l’onda del momento, il momento che vivono a pieno e che conoscono bene.

Colui che si forma accademicamente, riguardo questo argomento, potrà ricevere solo informazioni obsolete in quanto gli stili e le tendenze di questo tipo di musica variano quasi ogni semestre. Per questo suggerisco, in questi ambiti formativi, di approfondire il più possibile l’apprendimento tecnico nelle sue più varie espressioni rimandando poi all’immersione nella prassi esecutiva il potenziamento di altre antenne. Quindi io studierei i principi che stanno alla base di un software di programmazione e poi magari un software specifico sapendo che ci saranno innovazioni; studierei la tecnica pianistica di sempre e non quella di uno stile… anche pop è riferibile a uno stile. Anche jazz. Pierannunzi e Bollani ne sono la prova. Secondo me è importante possedere la materia per poi scegliere cosa e come ti va di suonare, che sia classica, pop, rock o Jazz.

Prendiamo il caso di uno studente che abbia fatto il percorso musicale classico-tradizionale. Quali sono le caratteristiche e le competenze richieste, ulteriori rispetto a quelle ricevute in Conservatorio, per introdursi professionalmente in questo mondo?

Ho cominciato a collaborare, sempre in ambito “leggero”, con professori di formazione classica appartenenti a varie nazionalità fin dagli anni ottanta. Dall’Est europeo a Londra, dagli Stati Uniti al Sud America ho potuto riscontrare quanto alcune peculiarità della cultura nativa siano determinanti per il carattere musicale di un esecutore. La precisione ritmica e l’intonazione sono da sempre requisiti fondamentali, nella musica pop ancora di più. In questo, per esempio, gli inglesi, gli olandesi e altre etnie vicine sono avvantaggiati. Fin dall’inizio del loro percorso di apprendimento sono guidati con molta disciplina ad impadronirsi di questi due requisiti. Noi italiani, come altri popoli di origine latina, siamo più proiettati verso lo sviluppo delle sfumature, delle dinamiche, dei colori in genere. Il mondo pop è un po’ più focalizzato sulla capacità di governare l’articolazione ritmica, il relax o la spinta forse anche perché da più tempo è costretto a relazionarsi con “sequenze quantizzate”, ovvero parti strumentali già registrate, temporizzate ritmicamente al centesimo di secondo e intonate perfettamente a 440 htz.Suonare insieme a un click (metronomo) ed altri suoni implacabilmente precisi richiede molto addestramento.

E quali sono le principali vie d’accesso?

Fino a una decina di anni fa nel mercato pop esisteva ancora una sorta di “establishment” rappresentato dalle case discografiche e dal mercato al quale si riferivano. Lo tsunami di internet, dei social, ha sconvolto tutto l’assetto. Oggi i discografici osservano i fenomeni in rete, valutano i like e apprendono le direzioni da… inseguire. Un tempo si proponevano il raggiungimento di uno spazio di vendita, ma anche l’affermazione di una propria identità editoriale attraverso scelte di forme e contenuti. Prima di questo ultimo decennio ci si “promozionava” contattando arrangiatori/produttori, cooperative di gestione musicale in show televisivi piuttosto che agenzie di collocamento artistiche. Adesso, soprattutto dopo la pandemia, sembra tutto in ricostruzione. Un periodo simile, cioè di sbandamento, credo possa essere stata la prima metà degli anni Ottanta. Per motivi diversi, le logiche dei percorsi professionali subirono uno scossone. Anche lì, forse come adesso, bisognerebbe immergersi in un ambiente “bottega” per intuire future linee e correnti.

In base alla sua lunga esperienza: quali difficoltà si possono incontrare per potere rimanere in questo settore artistico nel medio e lungo termine?

La perdita di elasticità mentale. Può succedere che a un certo punto della storia uno pensi di aver capito tutto per poi accorgersi di essere in piena distonia con ciò che lo circonda perché è stato inevitabilmente cambiato dal flusso evolutivo. Questa è una difficoltà sempre dietro l’angolo. In un caso simile, suggerirei di cominciare a pensare che non tutto quello che cambia è negativo e che, se ci disponiamo nella maniera giusta, afferriamo quel poco che di buono che c’è permettendoci di proseguire il nostro percorso espressivo. Ovviamente, anche “compiacere il cambiamento” tout court, senza una posizione critica è, a mio avviso, un’altra difficoltà che si profila. Il rischio del “ridicolo”, in tal caso, è molto molto vicino.

Un’ultima domanda, Maestro. Oltre alla lectio in Conservatorio, la sua presenza in Alessandria vedrà un secondo momento, presso il Collegio universitario Santa Chiara, in cui, su iniziativa del Centro di cultura-Gruppo di operatori dell’Università Cattolica, si discuteranno i molteplici rapporti tra la musica e il vino. Che cosa vuole dirci in proposito?

Se pur molto più giovane, il vino, con i suoi 10.000 anni di vita è una bevanda antichissima, primordiale come la più anziana Musica. Per entrambe le arti vige e regna l’armonia, quell’azione miracolosa riguardante quegli aspetti proporzionali interni della materia e che permettono, a chi ne gode, di poterne definirne la qualità. Gli effetti benefici dell’armonia sono riscontrabili su vasta scala in tutto quello che ci circonda e ci comprende. Si parlerà di questo.

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